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REST IN PEACE MADIBA

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South Africa and world mourn Nelson Mandela. World leaders pay tribute to former President Nelson Mandela, who led the transition from white minority rule and has died aged 95.

Nelson Mandela, politico sudafricano, primo Presidente nero del Sudafrica dopo la fine dell’apartheid, e Premio Nobel per la Pace nel 1993. A lungo uno dei leader del movimento anti-apartheid, organizzò anche azioni di sabotaggio e guerriglia. Segregato e incarcerato per ventisette anni durante i governi sudafricani pro-apartheid prima degli anni novanta, è oggi universalmente considerato un eroico combattente per la libertà. Il nome Madiba, titolo onorifico adottato dai membri anziani della sua famiglia, è divenuto in Sudafrica sinonimo di Nelson Mandela. Il nome Nelson Mandela gli venne attribuito dai missionari della scuola elementare; il suo vero nome è Rolihlahla Dalibhunga.

L’apartheid (lingua afrikaans, letteralmente “separazione”) era la politica di segregazione razziale istituita dal governo di etnìa bianca del Sudafrica nel dopoguerra e rimasta in vigore fino al 1993. L’apartheid fu applicato dal governo sudafricano anche alla Namibia, fino al 1990 amministrata dal Sudafrica. L’apartheid fu dichiarato crimine internazionale da una convenzione delle Nazioni Unite, votata dall’assemblea generale nel 1973 ed entrata in vigore nel 1976, e quindi successivamente inserito nella lista dei crimini contro l’umanità.

Mandela, la Chiesa e l’apartheid
Il più famoso prigioniero di coscienza che loda il lavoro sociale e la cura umanitaria di sacerdoti e vescovi cattolici. Alla vigilia del suo 90° compleanno (venerdì 18 luglio 2008) trova nuova conferma la grande considerazione di Nelson Mandela per l’impegno della Chiesa.
Già in un discorso del 1993 il premio Nobel per la pace anti-apartheid ebbe a dire: «La Chiesa è importante nella vita di ogni giorno ma uno deve essere stato in una prigione sudafricana per apprezzare il ruolo cruciale da lei rivestito nel cercare di alleviare la sofferenza causata dai tribunali governativi».
Non solo: come riporta The Southern Cross, giornale cattolico sudafricano, Mandela lodò con parole significative «il ruolo molto importante giocato dalla Chiesa cattolica nel lottare per la giustizia». Da lui particolarmente apprezzata fu la figura di Giovanni Paolo II: «È molto conosciuto per essere stato in prima fila su questo punto». E nella lettera inedita che The Southern Cross ha pubblicato nei giorni scorsi (e che qui sotto riproduciamo integralmente) il paladino anti-apartheid rivendica che la Chiesa cattolica – al di là delle “lentezze” nel prendere integralmente parte alla lotta contro la segregazione razziale – ha avuto un «ruolo storico» e la sua presenza è risultata «formidabile» per costruire un mondo di pace.
Scritta nel 1984 dalla prigione di Pollsmoor, la missiva era indirizzata al neovescovo di Città del Capo monsignor Stephen Naidoo, di cui Mandela era diventato amico durante una visita del presule a Robben Island, sede del penitenziario dove il leader nero fu rinchiuso per decenni.
Mandela ricorda i diversi sacerdoti cattolici che gli fecero visita mentre era prigioniero: «Nella lettera egli loda l’impegno della Chiesa sul fronte sociale», scrive Günther Simmermacher, direttore di The Southern Cross. «Per esempio, furono le scuole cattoliche le prime, sul finire degli anni Settanta, a sfidare la segregazione razziale nelle aule. La lettera di Mandela afferma che molti cattolici fecero un grande lavoro nella lotta contro l’apartheid».

Affermano alcuni analisti:
La minoranza dei bianchi (il 10%), rimane il primo beneficiario dell’economia sudafricana. Seguono i cittadini di origini asiatiche. La maggioranza della popolazione vive infatti in condizioni di durissima povertà. Il Sudafrica post-Mandela, attraverso i governi di Thabo Mbeki e Jacob Zuma, è rimasto una grande potenza economica a livello mondiale, ma l’approccio nazionale è in gran parte un’eredità dell’apartheid che non si preoccupava dei bisogni di una popolazione in rapido aumento.
La sfera finanziaria continua ad essere dominata da enormi corporazioni di bianchi, solo una piccola nicchia di sudafricani neri dotata di contatti altolocati è riuscita ad arricchirsi. Nonostante il Paese sia al quinto posto per reddito pro capite in Africa, un quarto della popolazione è disoccupata. Una gestione corrotta dell’industrializzazione, infatti, ha permesso che quasi un terzo dei cittadini sudafricani continuasse a vivere con meno di un euro al giorno.
Anche la questione della terra non ha subito riforme e, in gran parte, riflette ancora la legislazione del 1913 che dava l’87% dei terreni ai bianchi. Inoltre l’istruzione e il sistema sanitario sono ancora ben lontani dal soddisfare i bisogni dei ceti più bassi.
L’aspettativa di vita per un bianco sudafricano è di 71 anni, rispetto ai 48 per un nero».
Il rallentamento di un vero “miracolo sudafricano” nel post-Mandela è stato principalmente causato dalle lotte di potere all’interno dell’Anc. (L’African National Congress , “Congresso Nazionale Africano”, è il più importante partito politico sudafricano, fondato nell’epoca della lotta all’aparteid e rimasto ininterrottamente al governo del paese dalla caduta di tale regime, nel 1994, a oggi).

 
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Pubblicato da su 6 dicembre 2013 in Economia e Politica

 

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